RECENSIONI ASCOLTI VIDEO
Trasmissione Quilisma (rete due) condotta da Giovanni Conti per presentare il primo prodotto discografico dell'Ensemble Perlaro.
Recensione a cura di Paolo Borgonuovo riguardante il disco - Sotto l'impero del possente Prince
Trasmissione Quilisma. Giovanni Conti presenta il concerto tenutosi per la rassegna - Cantar di Pietre - a Calonico il 3 settembre 2011. Programma della serata -Jerusalem grant demage me fais-, Gerusalemme terra di crociate.
Reviews – Sound clips – Video
Quilisma broadcast - Giovanni Conti presents ensemble Perlaro’s first recording
CD review by Paul Borgonuovo - Sotto l’imperio del possente Prince
Quilisma broadcast - Giovanni Conti presents ensemble Perlaro’s concert programme ‘Jerusalem a desolation’ given at the Cantar di Pietre festival in Calonico (3 September 2011)
ARTICOLI GIORNALI CRITICA
Ensemble Perlaro, tra senso e passione – (Concerto per Ceresio Estate (Canton Ticino-Svizzera) del 2008) di Zeno Gabaglio
[...] ad ogni strofinio di corda, ad ogni attacco vocale ha mostrato la massima adesione al proprio far musica [...]
CERESIO ESTATE
Musica antica in concerto per Ceresio Estate il gruppo di Lorenza Donadini
Ensemble Perlaro, tra senso e passione
Zeno Gabaglio C’è un gioco piuttosto divertente da fare, quando si entra alla Musikakademie di Basilea. Ed è quello di andarsi a sedere alla Caféteria della scuola e guardare gli studenti che passano, con il preciso obiettivo di distinguere quelli che studiano alla Musikhochschule (il normale «conservatorio ») da quelli che invece studiano alla Schola Cantorum (il famoso istituto di musica antica).
Distinguere i due indirizzi accademici sulla base del solo aspetto fisico non è così difficile, perché ci sono degli stereotipi di abbigliamento che contraddistinguono buona parte degli studenti di musica antica; abbigliamento, si potrebbe dire, filologico e in tema con gli studi, in quanto ricco di capi in lana dai colori naturali e per nulla fashion. Non bastasse il vestito, in aiuto alla discernita può venire la custodia degli strumenti: se si incontra l’astuccio di quella che sembrerebbe una chitarra ma il cui manico appare sproporzionatamente lungo o troppo corto, il proprietario nonpuò che essere iscritto alla Schola Cantorum.
C’è però un elemento più profondo che distingue i due tipi di studenti. È un diverso portamento, una diversa attitudine verso le questioni dell’apprendimento musicale. Tenendo presente le mille e dovute eccezioni si può dire che chi studia la «musica classica tradizionale» ha una forma mentis rivolta – con una fondamentale agitazione, quasi visibile – verso una serie di risultati tecnici da raggiungere: riuscire a suonare correttamente quei determinati pezzi, riuscire a superare quei precisi esami, qualificarsi per le finali di certi concorsi, approdare alle audizioni per un posto orchestrale. È dunque uno studio proteso verso il cosa, verso un’oggettualità del risultato musicale.
Lo studio della musica antica vuole invece raggiungere un come, è una ricerca ben più pacata (anche qui: pacatezza quasi visibile) di un modo d’essere in relazione alla musica che si fa, che si sceglie di fare. Non che alla Schola manchino parametri tecnici severi e la necessità di un duro lavoro di apprendimento, ma il sentimento che accompagna questi passi è differente: innanzitutto è basato su una passione autentica (la musica antica è un settore professionale meno ricco e divistico di quello della classica e difficilmente lo si sceglie senza amare davvero la materia) e secondariamente è la stessa musica antica a pretendere una presa di posizione personale di chi la esegue, un’interpretazione che per forza di cose si distingua dallo standard e diventi personale: uno studiare, un comprendere, un vivere.
Questo è esattamente quanto emerso dal concerto dell’Ensemble Perlaro, lo scorso mercoledì a Barbengo: vita autentica. Offerta da un giovane gruppo dedito alla musica antica (guarda a caso: musicisti provenienti da ogni dove e incontratisi alla Schola Cantorum di Basilea) che ad ogni strofinio di corda, ad ogni attacco vocale ha mostrato la massima adesione al proprio far musica. Un’identificazione non facile, per la distanza temporale e stilistica di quel repertorio (il titolo del concerto era Musica celebrativa del ’ 300 e primo ’ 400) rispetto al nostro presente, ma con un’evidenza di risultato che ha cancellato d’un colpo i secoli che separano il nostro oggi da quello di Francesco Landini.
Ci si potrebbe spendere qui in una dettagliata fenomenologia di questo successo artistico, elogiare la direttrice del gruppo (la ticinese Lorenza Donadini), descrivere la perspicua purezza dell’intonazione, rievocare l’affiatamento collettivo nel condurre fraseggi anche complessi, parlare della raffinata (ma anche rude, quando necessario) gestione delle emozioni evocate oppure della sapiente alternanza tra brani strumentali e brani vocali; ma questo argomentare avrebbe poi lo sgradito effetto di sbiadire il ricordo di una rara unità fatta di senso e passione.
Newspaper articles and reviews
ensemble Perlaro: between sense and passion - a concert at the Ceresio Estate (Canton Ticino-Switzerland) in 2008
Zeno Gabaglio
[...] with each stroke of a string, with each vocal attack they showed the maximum commitment to making their own music [...]
CERESIO SUMMER Early music concert for Ceresio Summer by Lorenza Donadini’s group
ensemble Perlaro, between sense and passion Zeno Gabaglio
There is a rather diverting game one can play on entering the Music Academy of Basel; that is, to go and sit in the school’s caféteria watching the students that pass, with the precise objective of distinguishing those who study at the Musikhochschule (the ‘normal’ conservatoire) from those who follow studies at the Schola Cantorum (the famous institute of early music).
Distinguishing between the two academic institutions solely on the basis of physical appearance is not so difficult, because there are stereotypical modes of dress that characterise many of the early music students; philological clothing, one might say, and in keeping with their studies; full of woollen garments in natural colours and not at all fashionable. Should dress not be enough, instrument cases can assist in discerning: if you encounter the case of what looks like a guitar but whose handle appears disproportionately long or too short, the owner can safely be assumed to belong to the Schola Cantorum.
However, there is a deeper element that distinguishes the two types of students. It's a different behaviour, a different attitude towards musical education. Bearing in mind the thousand exceptions, it can be said that those who study 'traditional classical music’ have a mindset directed - with a fundamental agitation, almost visible - to a series of technical results to be achieved: to be able to play correctly specific pieces, get through precise exams, qualify for the finals of certain competitions, land an audition for an orchestra seat. It is therefore a study which stretches towards something, towards an objective musical result.
The intention of the study of early music is to reach, through a much more quiet search (again: a calmness almost visible) a way of being in relation to the music that you do, that you choose to do. Not that the Schola lacks stringent technical parameters and the need for hard work in learning, but the feeling that accompanies these steps is different: first, it is based on a true passion (early music is a professional field less rich and starry than that of classical music and difficult to choose without a real love of the subject) and secondly it's the same early music which demands that its performers take a personal stance, an interpretation that inevitably stands out from the mainstream and becomes personal: a study, an understanding, a living.
This is exactly what has emerged from the concert given by ensemble Perlaro last Wednesday in Barbengo: authentic life. Offered by a young group dedicated to early music (strangely enough: musicians from many places who met at the Schola Cantorum in Basel), with each stroke of a string, each vocal attack they showed the maximum commitment to making their own music. Not an easy identification, due to the temporal distance and style of that repertoire (the title of the concert was Celebratory music of the 1300s and early 1400s) compared to our present, but with evidence of results which erased at a stroke the centuries that separate our time from that of Francesco Landini.
You could engage here in a detailed phenomenology of this artistic success, praise the director of the group (the Ticinese Lorenza Donadini), describe the perspicuous purity of intonation, recall the collective harmony in even the most complex phrases, talk about the refined (but also rough, when necessary) management of the emotions evoked or else the wise alternation of instrumental and vocal music; but this argument would have the unwelcome effect of fading the memory of a rare unity of sense and passion.
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